fbpx

Tre giorni da buttero

Galoppo sul pratone digradante, tra l’erba della primavera avanzata scoppiettante di sole. Alla mia sinistra, più indietro, trotta la Giorgia a chiudere lo spazio verso il bosco, che si arrampica sul costone ripido, nero e intricato; stamattina da lì abbiamo dovuto stanare due vacche ribelli e un loro vitellino.

A destra lo steccato e più oltre la collina, che risale dolce e selvaggia. In fondo la strada sterrata e i recinti del bestiame.

Davanti a me il branco dei puledri galoppa eccitato – non sai se contenti o spaventati; di colpo si girano e tornano contro di me, con il sincronismo di un banco di sardine. Ernesto urla. Mi alzo in piedi sulle staffe, apro le braccia, agito il mio uncino –che mi sembra un po’ di usurpare, immeritatamente. 

I puledri si girano di nuovo e riprendono la direzione desiderata.

Sono felice. Non so se ho 5 o 55 anni, se sto giocando ai cow-boy o lavorando col bestiame insieme ai butteri.

E’ comunque una magia.

Gli autori di questa magia sono due matti di nome Ernesto Benini e Silver Massarenti.

Ernesto è un fiorentino innamorato pazzo della tradizione dei butteri e delle loro tecniche tradizionali di allevamento della vacca maremmana, tanto che la Maremma e i suoi butteri l’hanno accettato come uno di loro. In scuderia espone la sella ereditata dal leggendario Rinaldo Ferrotti; un oggetto commovente per la storia di fatica, povertà e dignità raccontata dai mille rappezzi del cuoio consumato dal lavoro e dal tempo. Ernesto la contempla con emozione e deferenza. Probabilmente, se al suo posto possedesse la Monna Lisa di Leonardo, non proverebbe sensazioni così intense.

Alla Forra, la sua meravigliosa azienda agrituristica al confine tra Chianti e Valdarno, Ernesto gestisce da decenni un allevamento tradizionale di vacche maremmane, che quotidianamente governa insieme con i butteri dell’associazione Dimensione Maremma, che per tanti anni ha fatto conoscere questa eccezionale tradizione italiana in tutta Europa e nel mondo.

Silver ha una passione folle per i cavalli e per l’equitazione. È uno dei cavalieri di equitazione classica e monta da lavoro più importanti d’Europa. I suoi risultati sportivi – che pure annoverano medaglie d’oro di livello europeo nel circuito master iberico – non sono la parte più significativa della sua fama, dovuta soprattutto alle sue capacità di addestratore. I suoi cavalli, infatti, sono andati a cavalieri di ogni ordine e grado, compresi campioni mondiali e olimpionici.

Dopo quarant’anni di professione è ancora entusiasta come un bambino, al punto da mettersi a chiacchierare alla pari con chiunque condivida la sua passione; così, con la semplicità di un incontro casuale alla macchinetta del caffè del centro ippico.

E questa gigantesca passione di Silver include il governo del bestiame a cavallo, appreso sin da ragazzo tra le mandrie del delta del Po e perfezionato durante i lunghi soggiorni in Spagna.

Insomma, questi due matti si sono messi in mente di dare a tutti la possibilità di apprendere e sperimentare le tecniche di lavoro dei butteri, dando vita ai Tre giorni da Butteri de La Forra. Si tratta di una formula unica rispetto a quanto ho conosciuto fino ad oggi. Altrove ho potuto trascorrere una giornata con i butteri, osservandoli nel loro lavoro nei pascoli e talora eseguendo – quasi come premio – qualche piccolo compito; oppure ho partecipato a dei clinic in cui venivano insegnate tecniche di monta utilizzate dai butteri (come anche dai mandriani di mezzo mondo). Ma qui il concetto è diverso: l’obbiettivo di Ernesto è quello di far vivere ai partecipanti un’immersione nel lavoro col bestiame e con le tecniche dei butteri.

Per realizzarlo, Ernesto ha chiesto a Silver Massarenti di occuparsi della direzione e supervisione tecnica. Silver non è lì per insegnare, perché le Giornate non sono un corso, ma un’esperienza. Silver è lì, mi si passi la definizione, per far funzionare le cose dal punto di vista equestre. All’inizio sceglie il cavallo giusto per ciascun cavaliere e provvede a mettere i binomi a loro agio durante la presa di contatto in campo, finché tutti si sentono distesi e sicuri, pronti per godersi l’esperienza; il modo in cui riesce a farlo è affascinante. Durante il lavoro, Silver valuta la situazione e determina l’approccio più sicuro in base all’umore del bestiame e al livello del gruppo. Se poi nel corso del lavoro sorge qualche difficoltà, si prende il binomio due minuti da parte e, in mezzo a un prato o al bosco, risolve il problema.

Il lavoro vero e proprio è coordinato di norma da Ernesto, che determina le attività da svolgere e assegna i compiti individuali. 

Si inizia in scuderia – e dove se no? – dove incontro per la prima volta il mio cavallo, Quitos. Poi si passa in campo, dove Silver mi fornisce le indicazioni di base e mi istruisce brevemente sull’uso delle redini a una mano sola, con cui non ho familiarità (nella destra dal secondo giorno dovremo tenere l’uncino, il mitico bastone da lavoro dei butteri).

Dopo che tutti hanno trovato un po’ di armonia col loro cavallo, usciamo dal campo e ci dirigiamo verso un’area di pascolo e bosco vicina, di dimensioni più contenute, dove iniziamo con i rudimenti: Ernesto e Silver ci dispongono a pettine e ci spiegano come si procede tutti su una linea per radunare il bestiame. Radunato il bestiame dobbiamo spostarlo prima lungo un tratto di strada e poi su per una salita erbosa, attraverso un uliveto per giungere ad un pascolo delimitato da recinti e con al centro una gigantesca arena in sabbia.

Qui proviamo a condurre la piccola mandria sperimentando i movimenti a cavallo e il loro effetto sui bovini. Il bello è che, contrariamente all’immaginario da far west, si tratta di movimenti lenti, dolci, attenti. Da noi, infatti, non ci sono chilometri quadrati di prateria e se le bestie si spaventano e scappano, occorrono giorni per recuperarle nei boschi! Questa “lentezza” rende l’esperienza alla portata di qualunque cavaliere governi sufficientemente le tre andature. Ciò detto, bravi o scarsi che si sia, all’inizio le vacche, ma soprattutto manze e vitelli, si fanno beffe della nostra impacciata conduzione.

L’altra attività fondamentale è lo sbrancamento, per me l’attività più divertente: ciascun partecipante a turno deve separare un animale dalla mandria e condurlo in un recinto a parte. Qui si è visto un po’ di tutto, con il leit motiv di cavalieri frustrati che inseguono vitelli del tutto disinteressati alle loro indicazioni, con i nostri mentori costretti a intervenire spesso con consigli e azioni correttive.

Piano piano, però, iniziamo a funzionare; rientriamo all’agriturismo molto tardi, pronti per la sfida in campo aperto del secondo giorno. 

 

Questo non prima di aver cenato tutti insieme stanchi, allegri e soddisfatti per la magnifica giornata. All’atmosfera festosa – oltre al senso di libertà per questa prima scampagnata dopo mesi e mesi di Covid, contribuisce anche la qualità dell’accoglienza a La Forra: stanze belle e comode, cena eccellente innaffiata da vini famosi nel mondo.

La mattina dopo, presto andiamo dove risiede il grosso del bestiame de La Forra. Un appezzamento collinare di oltre trenta ettari di pascolo, macchia e bosco dove vivono bradi una mandria consistente di vacche maremmane (toro incluso) e un piccolo branco di fattrici e puledri maremmani e lusitani. Qui si fa sul serio: occorre isolare un vitello che presenta un vistoso rigonfiamento al collo per la visita veterinaria e poi dovremo caricare sul trailer una giumenta che parte per l’addestramento.

Per farlo occorre raccogliere prima l’intera mandria in un recinto (sbrancare e catturare il vitello in campo aperto è come voler prendere una sardina con le mani), poi separare il vitello e la madre: molto più facile a dirsi che a farsi!

Nel tardo pomeriggio ci rimettiamo al lavoro per radunare i cavalli, che sono ovviamente molto più reattivi e veloci delle vacche, ma anche molti meno… Qui, nella luce dorata del giorno che cade, vivo il sogno ad occhi aperti con cui si apre questo resoconto, i dieci minuti di quest’esperienza che rimarranno sempre con me, come il rientro sotto le stelle nella Monument Valley, il galoppo nella pineta sabbiosa del Gers, o la tappa nel nulla erboso dell’altipiano del Lassithi.

Al rientro in agriturismo altra cena meravigliosa per cibo e chiacchiere e poi a tirar le due con Silver – belli allegrotti entrambi – a farmi raccontare la sua avventurosa carriera.

L’ultimo giorno si torna nell’appezzamento “piccolo” del primo giorno. Ernesto e i suoi collaboratori non te lo dicono perché, ma se ci stai attento lo capisci. Oggi ti dicono cosa c’è da fare e lasciano che a organizzarsi e a farlo siamo noi. Loro ci sono, ma sembrano indaffarati a fare altro, oppure si tengono un po’ in seconda linea. E, ci crediate o no, nel nostro piccolo ce la caviamo. In soli tre giorni, senza noiose sessioni maestro-allievo, senza burbanza da accademia equestre, la magia di Ernesto e Silver ha funzionato di nuovo: ci sono altri sei cavalieri che hanno iniziato a capire cosa significhi essere un buttero.

La felicità, si sa, non si può comprare. Ma, tutto sommato, a La Forra essere felici costa relativamente poco. 

Tre giorni da buttero

Lascia un commento

Torna su